Luca Restelli

Guerra e beni rifugio: oro, dollaro…bitcoin?

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In contesti di movimenti frenetici sui mercati azionari, in cui si alternano giorni estremamente redditizi e giorni con prestazioni molto deludenti, diventa essenziale proteggersi da ulteriori e potenziali eventi avversi.

In particolare, ritengo sia rilevante studiare e individuare un portafoglio di investimento che riesca a mettere il cliente al riparo dalla volatilità dei mercati, limitando le perdite e, se possibile, conseguendo anche margini positivi.

Il tutto in presenza di un contesto macroeconomico anche non prettamente favorevole.

“La prima regola degli affari: proteggi il tuo investimento.”

Constatato che le prestazioni borsistiche sono difficilmente prevedibili nell’attuale scenario, in cui all’instabilità geopolitica si affianca quella di natura economico-finanziaria, derivante dalle sanzioni afflitte al paese euro-asiatico, obbiettivo primo del consulente diventa quello di individuare quegli asset considerati “più sicuri”, i beni rifugio.

Per definizione essi sono tutti quei beni dotati di un valore intrinseco, reale, che tendenzialmente si mantiene costante anche nei periodi caratterizzati da elevata volatilità dei mercati o da alti livelli di inflazione.

L’oro

In questa particolare tipologia di assets rientra sicuramente l’oro. I suoi massimi storici sono stati infatti sfiorati più volte nelle settimane post-conflitto, ed è altamente improbabile che la situazione cambi da qui a breve e che quindi la domanda per il bene non rimanga forte. 

È ormai assodato che nei periodi di forte incertezza e di scarsa prevedibilità dei mercati, si torna spesso a guardare all’oro. 

Questa preferenza è dimostrata dai fatti: quando le truppe russe hanno varcato il confine con l’Ucraina il 24 febbraio, il metallo giallo ha raggiunto i 1.974 dollari, il massimo da settembre 2020, arrivando, nel corso delle settimane successive fino a 2.078 dollari. 

Movimenti questi che non sorprendono, considerando l’attrattività dell’oro come mezzo di protezione dei portafogli nella volatilità innescata dalla guerra. 

La centralità di questo asset è esaltata anche in virtù delle particolari congiunture macroeconomiche che riguardano i paesi più sviluppati, che, oltre ad essere altamente indebitati, sono diventati dipendenti dagli stimoli monetari e fiscali.

La quantità di aiuti immessa nel sistema Europa nel corso della pandemia è stata colossale, ma ha avuto un effetto simile a quello che gli stupefacenti hanno sul corpo umano.

Il rischio è quindi quello che, una volta terminati tali stimoli e rialzati i tassi di interesse, si possa avere a catena un impatto negativo su economia reale e mercati finanziari. 

Quindi, dopo lo shock causato dalla pandemia e dalla guerra, un altro duro colpo potrebbe essere rappresentato da una fase di recessione dell’economia reale che investirebbe (ancora una volta) il vecchio continente.

Eventualità difronte alla quali l’oro si è dimostrato finora molto resistente, come ha egregiamente mostrato nella crisi economico-finanziaria del 2008.

Il dollaro

Proprio in correlazione alla stabilità dei vari paesi si trova un altro importante bene rifugio. Le valute legate a nazioni particolarmente solide dal punto di vista economico-finanziario possono infatti essere ascritte a pieni titoli in tale categoria.

Dati macroeconomici robusti e rendiconti finanziari ordinati, con buoni indici, rendono alcune monete particolarmente forti, prima tra tutte il dollaro statunitense. 

Nella fase attuale, la stabilità e l’attrattività del dollaro risiedono soprattutto nel fatto che gli Stati Uniti sono geograficamente lontani dal teatro di guerra e indipendenti per quanto riguarda le materie prime. 

Fattori che garantiscono quella stabilità necessaria alle imprese e ai mercati che in un’Europa oppressa dall’inflazione sta mancando, con tutte le ovvie conseguenze del caso.

Da inizio anno il dollaro si è consistentemente rafforzato nei confronti dell’euro, e, con l’inizio delle ostilità in Europa orientale, tale tendenza è andata rafforzandosi.

In un mese, fra il 14 febbraio e il 14 marzo, il valore della valuta americana è salito da 0,88 a 0,91 euro (+3,7%), un anno fa un dollaro valeva invece 84 centesimi (+8,3% nei 12 mesi). 

Inoltre, dato che viene considerato come un asset rifugio in ogni momento di crisi, se l’avversione al rischio che caratterizza questo periodo incerto dovesse proseguire, la forza del dollaro sarebbe ovviamente destinata a consolidarsi.

Il Bitcoin

Un bene del quale si è discusso molto nell’arco degli ultimi anni, per motivi diversi e in modi diversi, che può però giocare un ruolo di primo piano nella costruzione di un portafoglio immune dai rischi geopolitici attuali, è sicuramente il Bitcoin. 

Nelle prime settimane del conflitto, la criptovaluta per eccellenza era infatti tornata prepotentemente alla ribalta, sia come possibile scudo contro l’inflazione, sia come metodo per tenere al riparo il proprio patrimonio da ogni tipo di rischio, da quelli di natura speculativa a quelli materiali determinati dalla distruzione della guerra. 

Si ritiene infatti che il Bitcoin abbia una funzione difensiva contro eventi come shock repentini, tra cui figurano i crolli del valore delle valute. Tale peculiarità diventa di fondamentale importanza in un contesto come quello attuale, dove una moneta come il rublo è diventata quasi priva di valore nell’arco di pochi giorni. 

Difronte a tale scenario il Bitcoin non solo ha preservato il suo valore ma lo ha anche aumentato, diventando fonte di attrazione per chiunque volesse preservare il proprio patrimonio dalla svalutazione.

A favore della criptovaluta arancione vi sono poi altre caratteristiche, tra cui l’assenza di argini di tipo legale o normativo.

Il perché di tale mancanza è estremamente facile da capire e riassumibile essenzialmente nell’impossibilità di ostacolare una transazione da un portafoglio cripto ad un altro.

Vantaggi questi che potrebbero però trasformarsi presto in limiti o, addirittura, in svantaggi se le proposte legislative in sede d’esame presso Commissione e Parlamento europeo dovessero concretizzarsi.

Per tale motivo è essenziale attenersi a quelle che potremmo definire le “modalità d’uso” del Bitcoin.

Parlando giustappunto di come la criptovaluta può essere introdotta nei portafogli di investimento, è essenziale fare una precisazione. Il Bitcoin deve essere incluso in piccole quantità, e il motivo di questo consiglio può essere dedotto anche osservando le sue performance passate, che oscillano da valori stellari a valori prossimi allo zero in tempi molto rapidi.

Inoltre, il crollo delle settimane successive ha dimostrato ancora una volta che è sbagliato affidarsi esclusivamente a questo nelle sue strategie d’investimento.

Bitcoin sì… ma con cautela!

Conclusione

Quindi, soluzioni alla crisi e all’instabilità dei mercati esistono e sono ottenibili costruendo un portafoglio che comprenda al suo interno uno dei beni rifugio di cui si è parlato.

Tuttavia, anche in questo caso le strategie di investimento devono essere elaborate tenendo conto delle esigenze e delle peculiarità di ogni singolo investitore, oltre che del suo grado di avversione al rischio. Alla luce di questi fattori le soluzioni personalizzate sono sicuramente preferibili, per poter valutare la propria soluzione rifugio è possibile inserire qui la propria e-mail.

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