Luca Restelli

L’inflazione

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Con questo articolo andremo ad analizzare uno dei temi economici più sentiti del momento: l’inflazione.

Con definizione scolastica, il termine inflazione indica una crescita generalizzata e continuativa dei prezzi nel tempo. 

L’importanza di tale indice non si esaurisce solamente nel suo significato stretto, ma pervade diversi aspetti della vita di ogni individuo, andando direttamente ad impattare sul livello di potere d’acquisto, sulle politiche d’approvvigionamento per le imprese e sui mercati finanziari.

Proprio per tale motivo è importante tenere a mente che il “problema inflazione” non è tale solamente per il consumatore o per l’imprenditore ma si rivela di estrema rilevanza anche per l’investitore.

“Con inflazione indichiamo l’aumento generalizzato e prolungato dei prezzi che porta alla diminuzione del potere d’acquisto della moneta e quindi del valore reale di tutte le grandezze monetarie”

Con un’inflazione stimata per l’Italia dalla UE per l’anno in corso pari al 5,9%, cercare di limitarne gli effetti è nell’interesse di diverse categorie.

L’inflazione per il consumatore

A livello dei consumi, infatti, un’inflazione duratura causa essenzialmente una diminuzione della formazione del risparmio privato, rendendone meno agevole la gestione.

Il cittadino, infatti, prevedendo un aumento dei prezzi, preferirà acquistare oggi beni dei quali avrà bisogno in seguito, diminuendo la liquidità in suo possesso.

La mancata crescita dei salari, parimenti con quella dei prezzi, porta inevitabilmente ad un impoverimento generale della popolazione.

Danneggiati maggiormente saranno quindi coloro che hanno investito i loro risparmi e li preservano in forma liquida (libretti a risparmio), e coloro che hanno effettuato investimenti sui quali percepiscono redditi fissi (rendite da titoli di stato e obbligazioni).

Gli accadimenti vissuti durante l’anno 2020 hanno portato le famiglie a cambiare la modalità di gestione delle proprie finanze, accentuando la propensione al risparmio, che nel corso di quell’anno è quasi raddoppiata.

Tuttavia, la graduale fine delle restrizioni durante l’anno successivo ha inaugurato un cammino verso una nuova normalità finanziaria, che vede comunque la prudenza al centro, unita ad una maggiore propensione al risparmio e ad una profonda attenzione per la sicurezza e la liquidità.

Nonostante ciò, la composizione della ricchezza delle famiglie evidenzia ancora una forte predominanza dei depositi che, in una condizione di tassi d’interesse vicini allo zero e un’inflazione intorno al 6% perdono valore giorno dopo giorno, con un costo annuo stimabile in circa 80 miliardi di euro.

L’inflazione per l’imprenditore

La dinamica dell’inflazione è evidentemente ancora più preoccupante se dai prezzi al consumo si passa a quelli alla produzione, aumentati di oltre il 20% a fine 2021, ponendo le aziende in una situazione complessa, strette tra costi in crescita e una domanda finale ancora incerta.

A livello di impresa, è possibile distinguere essenzialmente due effetti, uno nel breve periodo, generalmente positivo, e uno nel medio-lungo periodo, generalmente negativo.

L’effetto positivo si esemplifica essenzialmente nella rendita da inflazione, derivante dall’acquisto di materiali e fattori produttivi in un periodo di prezzi normali e dalla conseguente rivendita del bene terminato in un periodo di prezzi crescenti.

Ulteriore vantaggio, comune a tutti i debitori, che sono favoriti nei periodi di inflazione, si ha quando si acquistano materie prime con capitali presi a prestito.

Nel lungo periodo si manifestano però effetti negativi sugli investimenti a causa della crescita dei tassi di interesse e quindi del maggior costo del capitale, e dell’estrema difficoltà nell’effettuare previsioni industriali e programmazioni aziendali attente e precise.

Altra problematica è rappresentata dal maggior costo delle materie prime, dei trasporti e di altri fattori produttivi come elettricità e gas, che porta ad una netta diminuzione dei margini e quindi dei ricavi e in ultima istanza della competitività aziendale.

L’aumento dei prezzi dei beni di produzione è essenzialmente dovuto alla brusca interruzione avvenuta nella prima parte del 2020, a causa delle restrizioni introdotte per frenare la diffusione del virus, e alla conseguente crescita della domanda a tassi più alti del previsto.

Ciò ha impattato in maniera particolarmente forte sui sistemi industriali organizzati con metodologie just-in-time, volte alla minimizzazione delle giacenze e improntate ad elevata flessibilità, andando a creare strozzature e rallentamenti.

L’inflazione per l’investitore

Fortemente danneggiata dalla crescita inflattiva è la figura dell’investitore e tra questi, quella degli investitori obbligazionari che vedono il loro potere di acquisto eroso nel tempo a causa delle cedole fisse delle obbligazioni.

Tuttavia, forti difficoltà possono sorgere anche per gli investitori azionari, soprattutto nel breve periodo, essendo le prestazioni del mercato fortemente influenzate da quelle delle imprese che, come spiegato poco sopra, durante i periodi inflazionistici assistono ad una marcata riduzione dei margini.

Essenziale diventa quindi per tutte le categorie individuate, minimizzare gli effetti dell’inflazione sul proprio patrimonio e sulle proprie attività, per ovviare ad un contesto generale caratterizzato da tassi bassi e continua erosione della ricchezza.

L’obiettivo principale diventa quindi quello di individuare modalità di protezione della ricchezza individuale e societaria e strategie di investimento che consentano di ottenere ritorni con tassi superiori a quello dell’inflazione.

Nel contesto attuale, tuttavia, sorgono alcune problematiche che possono rendere meno immediato e agevole il raggiungimento dei sopracitati obiettivi, a causa delle diverse congiunture economico-finanziarie che accompagnano un’alta crescita dell’inflazione.

I mercati obbligazionari

Secondariamente, alti livelli di inflazione portano ad un aumento dei tassi da parte delle banche centrali e ad una conseguente diminuzione del prezzo stesso del bond. 

Come dimostrato dalle performance dei principali bond, riportati in tabella, il rendimento ottenibile è minore dell’inflazione, determinando, di fatto, un’erosione di ricchezza.

ISIN Titolo Cedola Scadenza Ultimo Prezzo Rendimento Lotto Minimo
DE0001102580 DBR 0 02/15/32 0 15/02/2032 91.31 0.23 0
IT0005388175 BUONI POLIENNALI DEL TESORO 0.65 28/10/2027 102.1 -0.21 1.000
IT0005449969 BTPS 0.95 12/01/31 0.95 01/12/2031  84.75 1.75 1.000
XS1551929760 INTESA SANPAOLO SPA 0.048 25/01/2027 93.73 0.58 1.000
XS1586555945 VOLKSWAGEN INTL FIN NV 1.875 30/03/2027 97.41 1.29 100.000
XS1571982468 2I RETE GAS SPA 1.75 28/08/2026 97.47 0.99 100.000

In un periodo complesso come quello che stiamo vivendo risulta necessario, pertanto, adottare strategie alternative, che si possono rivelare più efficienti.

Per ovviare a questi ostacoli e riuscire ad avere ritorni proficui dai propri investimenti, al netto dell’inflazione, è necessario adottare due strategie differenti. Meritano, a mio avviso, un immediato approfondimento l’investimento in assets reali e quello in premium brands.

Investire in Asset reali

Questa strategia è basata sul presupposto che in periodi di alta crescita dell’inflazione, chi si indebita risulta agevolato, dato che il debito deve essere ripagato al valore nominale e non al valore reale. 

Va inoltre aggiunto come punto fondamentale da analizzare per un investimento a debito, il livello dei tassi di interesse.

Questi ultimi risultano ancora molto bassi e decisamente vantaggiosi su tutte le scadenze di un eventuale mutuo.

Proprio per questo motivo risulta più vantaggioso indebitarsi e investire in asset reali come immobili o infrastrutture per sfruttare la leva finanziaria e ottenere flussi di entrate costanti dai contratti di locazione.

Se volete avere un’idea più chiara su vantaggi e modalità d’investimento potete leggere l’articolo “Investire in Asset Reali per sconfiggere l’inflazione”.

Investire nei premium Brands

Una seconda strategia da perseguire è incentrata sui cosiddetti premium brands e sulla possibilità di poter ottenere buoni rendimenti dall’investimento in titoli azionari di aziende rientranti in questa categoria.

Tali aziende risultano infatti meno toccate dall’inflazione in quanto godono di una forte fidelizzazione della propria clientela e di margini molto elevati, motivo per cui i rincari nei prezzi di vendita influenzano poco le scelte di acquisto dei clienti di riferimento.

Di conseguenza i risultati economico-finanziari dei premium brands risentono poco della congiuntura inflazionistica, consentendo ai titoli azionari di conseguire ugualmente buone performance.

Per un’analisi più completa invitiamo a leggere l’articolo “Investire nei premium brands per sconfiggere l’inflazione”.

Altre modalità per preservare i propri investimenti dal rischio del rincaro dei prezzi dipendono anche dalla specificità della dote in questione e degli obiettivi, e meritano quindi un’accurata analisi specializzata.

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